Il Mago

La nonna Alba, valente violinista nonché mamma di tre figli e sposa del nonno Sandrino, presenta nella sua vita un lato oscuro che tutti hanno cercato di minimizzare, nascondere, mettere a tacere. Per discrezione, per non attirare ulteriori calamità e, infine, perché non si sapeva cosa dire di quel male oscuro e sottile che l’aveva avvinghiata in giovane età.

Oggi si potrebbe parlare di depressione post partum e sarebbe probabilmente superata con farmaci o con terapie psicologiche o psicanalitiche: allora, quando cominciò ad intristire subito dopo la nascita del mio papà Goffredo, nessuno si poteva capacitare che una donna così bella e sensibile, sposata felicemente e felicemente mamma, aristocratica e ricca, di buona posizione sociale… fosse tanto prostrata da una malattia indicibile, da quella tristezza apatica che non si poteva risollevare né alla vista delle bellissime bambine Letizia e Liana, né davanti al maschietto Goffredo (infine anche il maschio era arrivato) né con le cure e le premure dell’innamoratissimo marito Sandrino che l’aveva voluta a tutti i costi e l’amava con un’ammirazione sconfinata ed adorante.

A nulla erano valse le cure e i lunghi soggiorni a Uscio, rinomata stazione termale nei pressi di Genova, non lontano da Milano dove la famiglia risiedeva negli anni Venti, né il ritorno in Valmarecchia e i periodi trascorsi a Ca’ de Frati sul Pincio, né qualche tuffo mondano a Rimini: la vita della nonna, da qualsiasi parte la si guardi, sembra un po’ una tragedia. Si ammalò nel 1922 a trentadue anni e fu ammalata fino alla morte nel 1950 a 60 anni. Il tutto poi aggravato dalla caduta in disgrazia economica della famiglia, travolta nei suoi affari dalla crisi del 1929/1930.

Se ne provarono di tutti i colori: armamentari elettrici, pettini favolosi e pomate prodigiose, medici interpellati da ogni parte, specialisti in malattie nervose e amuleti benedetti, preghiere a santi e beati, una lettera fu spedita a Monsieur Messeguè che rispose gentilmente inviando creme di sua fattura, ecc.

Fra tutti questi tentativi non si tralasciò di consultare un veggente, il Mago Achille D’Angelo che nella carta intestata di dichiara “VEGGENTE”, Gran Maestro dell’Ordine Ermetico Internazionale “Regulus”, Presidente-Fondatore dell’Accademia partenopea di Scienze Occulte, Direttore Scientifico de “Le Vie dell’Ignoto”. Naturalmente il Mago risiedeva e riceveva a Napoli in Piazza Carità.

La prima volta, il mago viene interpellato nel luglio del 1948: la risposta non viene direttamente dagli scritti autografi del Mago, ma dalla Segreteria Generale del Mago di Napoli. Il segretario comm. Franco Serafino comunica in maniera formale e compita che il “Mago”(fra virgolette come ve lo scrivo: che non ci credesse neanche lui?), dovendo compiere un giro in Alta Italia, sarà assente da Napoli per qualche mese.

Sollecitato dopo qualche tempo, arriva una nuova risposta il 12 gennaio del 1949: anche in questo caso niente da fare. E’ il segretario che risponde, questa volta non a macchina ma addirittura confidenzialmente a mano, spiegando che “il Mago, al ritorno [dal viaggio di cui sopra] ha trovato più di ventimila[!] casi da esaminare, il che comporta il tempo di due anni. Perciò bisogna avere un po’ di pazienza”. La missiva continua raccomandando, se possibile, di fare un viaggio a Napoli che in qualche modo si troverebbe il modo di fissare un appuntamento. “Altrimenti dovrebbe comprare un fazzoletto di seta col grande Pentacolo del Mago che viene usato come Porte bonheur e in molti casi ha grande efficacia sulle malattie psiconevrosi [sic]. Si deve portare sempre addosso. Costa £ 500…”

E pensare che Achille D’Angelo (1907-1971), conosciuto come il Mago di Napoli, proprio in quegli anni ebbe il massimo periodo di notorietà, essendogli state riconosciute pubblicamente doti paranormali anche da affermati uomini di scienza.

Non ho trovato mai in casa un fazzoletto di seta col Pentacolo del Mago.

 

 

Fonti

Archivio Bonifazi, Faldone 19 Alba Campana

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