Uno dei monumenti caratteristici di Mercatino Marecchia è l’oratorio di Santa Marina.

Oggi appare un po’ defilato rispetto alla grande piazza del mercato che, con la sua fontana, il suo gran Palazzo Segni e i palazzi intorno, quasi la nascondono.
Ma proviamo a immaginare Mercatino verso l’inizio del Mille: la strada aretina saliva da Rimini lungo il Marecchia. I tempi più bui, quelli delle scorrerie barbariche, erano passati e i centri più importanti si cominciavano a dotare di mura e di nuove costruzioni cittadine.
Non è il caso di Mercatino o Mercato del Talamello dove non troviamo mura difensive, ma soltanto una via che, dalla parte inferiore nella zona ancora denominata Mercato Vecchio, si inerpicava verso la Pieve di San Pietro in Cultu(non attraverso il pomposo corso ottocentesco) per una via vicina al fiume: la stradetta lambiva il gran pianoro della piazza circondata da rocce e massi e poi proseguiva verso il passo di Viamaggio seguendo l’attuale via Saffi e forse ancora più vicina alla riva del fiume. La pieve, matrice di tutto il territorio, è già presente nelle pergamene del 950 d.C.e come tale aveva, oltre che funzione religiosa, anche funzione civile in quanto afferivano ad essa i documenti e il culto di tutto il territorio. Sorgeva isolata in alto, segnacolo e ristoro per chi continuava ad andare.
Nel tempo sorse la necessità di un edificio religioso a valle, nella zona del prato che ospitava gli scambi e, su uno dei massi erratici che costellano il Montefeltro, direttamente dalla roccia, sorse Santa Marina, presumibilmente nel 1191 d. C.
La rinascenza medievale di questo tempo è testimoniata anche da altre coeve costruzioni che costellavano la valle: il Duomo di San Leo (1173), la pieve di Carpegna (1182), la piccola cappella dedicata a S. Maria a San Lorenzo dei Billi e altre ancora.
Niente di più facile che a una comunità coesa e laboriosa potesse corrispondere una piccola cappella sorta coi proventi o la manodopera dei fedeli. Forse una comunità monastica femminile.
Perchè Santa Marina?
Il culto cominciò a diffondersi intorno all’VIII secolo d. C. e proveniva, come quello di San Leone e San Marino, dall’oriente.
Marina, bella fanciulla convertita al cristianesimo, per seguire il padre che aveva abbracciato la vita monacale, si travestì da uomo e come frate visse in monastero finchè, accusato di stupro da una bugiarda ostessa, ne fu scacciato, costretto per giunta ad occuparsi del “figlio della colpa”(non sua certamente!!) e a vivere dell’elemosina dei suoi ex confratelli. Soltanto nel momento della morte venne riconosciuto contemporaneamente come donna e (quindi) innocente, destando ammirazione e pietà per tanto sacrificio, abnegazione e capacità di sopportazione delle ingiustizie. Questo le valse subito la santità.
Apparentemente non sembra ci sia relazione fra il culto di Santa Marina e il luogo in cui sorse l’oratorio.
Ma evidentemente una vicenda così insolita e scabrosa in cui si mettevano in luce lo spirito di figliolanza (l’amore verso il padre) e contemporaneamente di maternità (Marina si occupa del figlio della sua fedifraga accusatrice), la silenziosa laboriosità (sia da ragazza, sia da giovane finto frate, sia da ramingo frate incolpevole sempre si occupò di chi la sorte le mise vicino), lo spirito di sacrificio (non cercò nemmeno di provare la sua innocenza!) doveva occupare molte delle veglie, dei racconti e delle sacre rappresentazioni che costellano il Medioevo.
Di bocca in bocca, di anno in anno, Marina diventò talmente familiare da essere ricordata da quasi tutte le donne della mia famiglia che oltretutto abitavano all’ombra dell’oratorio: di generazione in generazione questo nome, denotando certo una religiosa fiducia nella protezione della Santa ma anche non troppa fantasia, venne imposto alle femmine e si sussegue e si alterna con quello di Alessandro (per i maschi) creando non poche difficoltà ai posteri, costretti a districarsi fra Marine di tutti i secoli. E se non è Marina è comunque Rina (guarda un po’) o Mariannina o Mariina o Margarita (altra santa che si contende la festa intorno al 20 luglio).
Solo nel secolo scorso si infrange la regola e molte discendenti si liberano del sortilegio e si chiamano più fantasiosamente Bianca, Alice, Maddalena, Guya, Lorenza, Carla,Teresa, Arianna, Giorgia, Letizia …Marina non ricompare più neanche sotto la forma del più moderno Marinella.

Fonti:
F.V. Lombardi, La Chiesa romanica di Santa Marina di Novafeltria, 1991
www. Santi e beati.it
foto archivio Bonifazi