Traffici di polvere

Un carteggio da poco scoperto testimonia il rapporto commerciale fra il polverificio Bonifazi di Mercatino Marecchia e gli empori di Giovanni Todeschini, la cui sede principale a Forlì in Piazza Saffi aveva anche delle succursali nelle vicine Faenza in Corso Mazzini e a Russi in Corso Farini.

Nella carta intestata, il sig. Todeschini si qualifica come “Negoziante (di) Ferramenta, Ottonami, Chincaglie, Armi” e aggiunge “Fabbrica di Morsi da Cavallo”.

Nel 1926, venuto a sapere del Polverificio Bonifazi, che a quell’epoca aveva un certo successo in Italia centrale (in realtà il momento d’oro del Polverificio è quello intorno al 1910 quando vince ben due concorsi nazionali per la qualità delle sue polveri da mina e da caccia), Todeschini contatta l’attuale proprietario, cioè mio nonno Sandrino Bonifazi. Dice di essere interessato all’acquisto ma sembra un po’ titubante in quanto ha “una licenza di vendita polveri di soli Kg. 29 e la mia vendita è molto più elevata…e non vorrei andare incontro a delle noie” sia per il trasporto che dovrebbe essere fatto da “carrettieri specializzati” (meglio non scherzare col fuoco) che per lo stoccaggio di materiale così pericoloso.

Anche allora le leggi del mercato, senza bisogno di tanti studi, imponevano vendite di grandi quantità per poter guadagnare di più, quindi Sandrino Bonifazi rassicura Todeschini dicendo che “tutti i nostri clienti hanno una licenza di deposito che non supera i 25 Kg., ciò nonostante tutti all’epoca delle provviste aumentano per lo meno del decuplo tale permesso di deposito…senza avere noie; s’intende che introdurrete nei vostri negozi, di mano in mano che vendete, quei quantitativi in maniera che non superino il permesso di deposito. In tal modo, ripetiamo, fanno tutti gli altri ns. clienti che, data la bontà delle ns. polveri rispetto al prezzo, non sono pochi.”

Con queste rassicurazioni ogni mese, specialmente in occasione della caccia a primavera e in autunno, il negozio di Todeschini a Forlì riceve gli ordinativi di grande quantità di polvere mina in pacchi da 1 o 3 kg., polvere da caccia tipo Weterly o Fossano o G.B., rotoli di miccia e, dal 1929, la famosa polvere bianca SIEM, una nuova polvere da caccia e da sparo di cui il Polverificio è diventato rappresentante per la zona. Da Forlì poi la mercanzia viene smistata nelle altre rivendite di Faenza e Russi. Inutile dire che gli ordini sono accompagnati da mille raccomandazioni circa il viaggio e la sua segretezza.

Sono gli ultimi anni dell’attività del mulino: a causa di un improvvido coinvolgimento in un’attività industriale sfortunatissima, il nonno perse tutto e anche il mulino venne travolto dal fallimento. Si trattò, giuridicamente parlando, di una vera e propria “bancarotta”.

Invano il nonno cercò di rientrare in possesso del mulino, ma dopo un periodo di inattività questo venne rilevato dai Marzocchi che lo fecero funzionare ancora per qualche tempo poi cadde in abbandono.

E’ ancora là, ogni tanto qualcuno se ne occupa con qualche studio o qualche conferenza, bellissimo esempio di archeologia industriale con le sette vasche di lavorazione delle polveri, i pestelli in legno, le pale del mulino, ma l’acqua non scorre più a muoverle.

                                                           

Esterno del mulino nei pressi di Novafeltria (l’acqua del Marecchia ora non scorre più a muovere le pale)

 

                   

I pestelli in legno che, azionati dall’acqua del mulino, creavano la polvere da sparo

 

Fonti:

Archivio Bonifazi, Faldone 19 bis, cart.2

Archivio Bonifazi, foto dell’autrice